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sabato 12 gennaio 2013

DEDICATO AI FOTOGRAFI




Io sono nata il 16 febbraio. Era un giovedì grasso, ho controllato, ragion per cui il carnevale ce l’ho nel sangue. Quando abitavo a Venezia li ho fatti tutti: da quelli dei bambini a quelli degli adolescenti, a quelli dei quasi adulti che non vogliono crescere. Ho tirato farina, bevuto, recitato, ballato, ho perfino cantato (credetemi ho avuto un bel coraggio a farlo in pubblico) e naturalmente ho visto nascere  grandi amori che finivano regolarmente con la quaresima. L’ultimo è stato agli inizi degli anni 80, credo nel 1981.



L'icona di quegli anni per me è l’immagine che ho messo in apertura, che ha portato il carnevale veneziano nel mondo. L'autore è il grande Fulvio Roiter.



Dato che in questi ultimi tempi molti amici si interessano di fotografia, ho cercato nel web una sua intervista che ricordo di aver visto in tv ma non sono riuscita a trovarla. Ne ho trovata invece una fatta da una testata di Verona. Mi spiace che le domande dell’intervistatore facciano venire un brivido gelido lungo la schiena, ma le risposte sono comunque interessanti.


Questo è invece il link al sito ufficiale del carnevale 2013


Nel prossimo post le foto del MIO carnevale 2013 perché finalmente quest’anno ci ritorno!

Ecco l’intervista a Roiter.

è il dettaglio che fa la differenza in una foto?
No. Tutto parte dal cervello. La macchina fotografica è un oggetto, è solo lo strumento che ha un obiettivo e la pellicola. Sei tu che devi avere la visione.
La visione, come diceva anche Steve Jobs: chi ha il genio ha un linguaggio comune nel ragionamento, una propria architettura della mente.
Tu non solo devi vedere, ma devi prevedere. La foto ti nasce nella testa, poi la realizzi con la macchina fotografica. Ti servi dello strumento per bloccare la realtà che hai davanti.
Come si sente Roiter in un'epoca dove tutti possono essere fotografi?
Non esiste la distinzione tra fotografo dilettante e fotografo professionista. Io conosco solo una distinzione: tra il fotografo e il non fotografo.
Tutto in bianco nero, ovviamente. La vera palestra del fotografo che vuole dominare la luce.
Il digitale è una tecnologia fantastica perché ti permette di viaggiare con facilità, di vedere già il risultato e inviare le foto ovunque, senza l'incubo di perderle. Ma solo chi si è fatto una grande esperienza con il cervello è allenato a vedere, prevedere e scattare. Oggi con i giovani funziona alla rovescia: si affidano solo alla macchina fotografica e scattano a caso. Vado alle mostre e vedo montagne di foto mediocri: chi non ha le conoscenze della fotografia tradizionale e lavora subito e solo con la tecnologia moderna è come un cieco. E se aggiungiamo che in quest'epoca la meritocrazia non esiste, allora come dico spesso, 'na boasa diventa 'na fugasa.
Sarà fantastica la tecnologia digitale, ma lei alla pellicola non rinuncia.
Continuo con quella tradizionale. Non sono contrario alla tecnologia, il digitale è sicuramente il futuro e ha il merito enorme di poter perfezionare e correggere subito.
Usa Photoshop?
Puoi eliminare qualche elemento di disturbo, come i mozziconi di sigarette per terra, ma se hai la preparazione giusta queste cose le vedi prima di scattare. E comunque guardi che le foto si correggevano anche durante la zincografia, prima di stampare. Smith usava i cotton fioc imbevuti di acido per schiarire i volti nelle foto scattate con poca luce. Devi avere - dice illuminandosi - il terzo occhio, sennò non vedi un bel niente. La foto è linguaggio, essenzialità, rigore. La foto è uno sguardo che va oltre.

E se la foto non la soddisfa?
Non me ne vado finché non è come dico io. È accaduto tante volte, ho aspettato. Un gesto, uno sguardo, il momento giusto. Devi avere in testa quello che vuoi, l'idea, solo così la puoi realizzare. Oppure torno in altro momento. Ricordo la foto del Ponte di Veja per il libro sulla Valpolicella. L'avevo fatta in estate, con un verde incredibile. Sono tornato in inverno, c'era la neve, era cambiato tutto e alla fine ho scelto questa. La luce cambia tutto.







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